Come selezionare la resina per cromatografia giusta

In chimica, la cromatografia è una tecnica ampiamente utilizzata per separare una miscela facendola passare -in soluzione, in sospensione o come vapore- attraverso un mezzo che interagisce con i componenti della miscela, facendoli muovere a velocità variabile. Il movimento dipende dalle caratteristiche delle singole molecole e permette di separare o purificare un singolo composto da un campione complesso.

Nella cromatografia liquida, per catturare e purificare frammenti di anticorpi, vaccini e altre biomolecole si utilizza un terreno in resina come fase stazionaria. Con questo processo il campione viene separato nei singoli componenti, consentendo l’isolamento e la purificazione delle molecole. Il processo riguarda due sostanze: una fase stazionaria e una fase mobile.

Nella bioprocessazione, il campione viene iniettato in una fase stazionaria e poi spinto attraverso di essa dalla fase mobile. Per entrambe le fasi sono necessari terreni specifici.

La resina per cromatografia è fondamentale per l'esecuzione di questi processi, poiché consente le reazioni chimiche necessarie per la separazione e la purificazione. Per decidere quale sia la resina per cromatografia più adatta alla propria procedura, è importante considerare quanto segue:

  • quali sono le caratteristiche note della molecola target?
  • Quali sono le caratteristiche del campione e delle sue impurità?
  • Quali risultati di trattamento si desiderano ottenere (purificazione o analisi)?
  • Quale tipo di cromatografia liquida soddisfa le esigenze dell'esperimento?

La scelta delle resine per cromatografia si può poi raffinare in base alle specifiche esigenze di processazione. A seconda della composizione del materiale del campione, è possibile impiegare resine con caratteristiche diverse in termini di acidi nucleici, proteine e molecole piccole o grandi, in modo da escludere o catturare i target di interesse.

Esiste uno schema di purificazione ideale che dipende dalle proprietà chimico-fisiche del campione Lo si può facilmente realizzare con una conoscenza di base delle diverse categorie di resine per cromatografia e delle rispettive tecniche.

Cosa sono le resine per cromatografia?

La resina utilizzata in cromatografia, nota anche come terreno, è il materiale usato per catturare e lucidare mAb, frammenti di anticorpi, vaccini e altre biomolecole durante le separazioni cromatografiche.

Quando si utilizza una resina per cromatografia, il terreno viene impacchettato e trattenuto in una colonna durante la fase stazionaria. Le particelle possono essere modificate fisicamente o chimicamente in modo da legare o respingere particolari molecole in un campione. Questo fenomeno si rivela particolarmente utile per separare un composto target da una miscela anche molto complessa.

Le colonne per cromatografia tipicamente sfruttano la forza di gravità per far spostare il campione in soluzione, ma è diventato più comune che sfruttino livelli variabili di pressione tramite pompe meccaniche. Per soddisfare le tante e varie esigenze che i ricercatori devono affrontare per purificare diverse categorie di molecole target, sono disponibili vari tipi di resine.

Quando si esegue una cromatografia, si utilizzano due fasi: la fase stazionaria e quella mobile. La differenza fondamentale consiste nel fatto che la fase stazionaria non si muove con il campione, mentre la soluzione della fase mobile sì. Nella fase stazionaria viene spesso utilizzato un terreno in resina, mentre la fase mobile spesso è una soluzione liquida o gassosa che aiuta a separare i materiali del campione.

Le due fasi interagiscono in modo diverso con il campione: la fase stazionaria in genere non si muove, ma interagisce comunque con il campione. Una soluzione di fase mobile può dissolvere il campione e migrare attraverso la fase stazionaria insieme al campione. Affinché la separazione abbia successo, le due soluzioni devono essere compatibili. Per ulteriori informazioni sulle tecniche cromatografiche e sui reagenti, vi invitiamo ad esplorare l'ampia gamma di proposte Avantor®, per soluzioni cromatografiche.

Qui ci concentriamo sulle resine per cromatografia utilizzate nella fase stazionaria e sulla scelta del terreno migliore per un'applicazione.

Resine per cromatografia analitica versus cromatografia di purificazione

La cromatografia liquida può essere utilizzata a scopo analitico o preparativo. Quando si adotta un approccio analitico, spesso l’obiettivo è individuare, identificare e quantificare una molecola target nel campione. Nella cromatografia liquida preparativa, invece, l’obiettivo è isolare e purificare i composti utilizzando un trattamento a valle.

La purificazione delle proteine può porre molte problematiche e richiede l’ottimizzazione del protocollo in ogni fase del processo. Che si voglia operare una selezione generica di molecole o piuttosto una separazione altamente specifica, esistono molti metodi cromatografici tra cui scegliere.

Alcuni target possono richiedere un processo di separazione in più fasi con più impostazioni cromatografiche su colonna, mentre altri possono richiedere una soluzione di resina con terreno misto per rispondere a specifiche esigenze di ricerca. L’ideale è scegliere un metodo che implichi il minor numero di passaggi possibili per ottenere una versione purificata della molecola target.

Di seguito illustreremo alcune delle forme più comuni di cromatografia liquida, concentrandoci sulle resine utilizzate e sui rispettivi vantaggi specifici.

Tecniche di cromatografia basate sulla selezione delle resine per cromatografia

Dal punto di vista delle metodologie, la separazione di materiali da un campione complesso può rivelarsi impegnativa e laboriosa.. Tuttavia, una corretta tecnica di purificazione è fondamentale per processi di ulteriore caratterizzazione e comprensione della funzione di una molecola target.

Nonostante le numerose variabili in gioco, ci sono alcuni elementi chiave su cui è opportuno concentrarsi per scegliere la tecnica più adatta al campione.

La cosa migliore è iniziare con la sequenza aminoacidica primaria del target. Individuandola, si ottengono informazioni sul peso molecolare, sul punto isoelettrico (pl) e sulle caratteristiche di solubilità della molecola target.

Queste informazioni guidano nella scelta del mezzo cromatografico più adatto e delle condizioni ideali dei tamponi di lavaggio e di eluizione da rispettare nel processo di purificazione.

Quando il composto target non è ben individuato, l'analisi preliminare e la purificazione sono disponibili resine multimodali o miste. , Quando si valuta il ricorso a cromatografia per interazione idrofobica o a resine miste, possono fungere da guida altri metodi, come i diagrammi di idrofobicità e le previsioni della struttura secondaria.

Inoltre, esistono tecniche -come la cromatografia a scambio ionico, la cromatografia di affinità e la cromatografia per esclusione dimensionale- che possono condurre a ottimi risultati nei processi di separazione e purificazione. Ciascuno di questi processi può essere personalizzato e implementato per soddisfare esigenze specifiche. Per comprendere i vantaggi di ciascuna tecnica, abbiamo descritto in dettaglio le forme più comuni di cromatografia e le resine necessarie per eseguire con successo ogni procedura.

Le quattro resine più comuni per la cromatografia

Per valutare il tipo di resina per cromatografia più adatto alle proprie esigenze, occorre prendere in considerazione quattro aspetti della resina. Fattori come la purezza, la carica superficiale della proteina target, le dimensioni della molecola o persino l’interazione dell’acqua con il campione sono fondamentali per determinare la resina ideale.

Analizziamo in dettaglio i tipi specifici di resina per le diverse tecniche cromatografiche.

Cromatografia di affinità (AC)

Questa forma di cromatografia altamente precisa è in grado di ottenere una purezza elevata in un solo passaggio. La cromatografia di affinità (AC) separa le molecole target utilizzando un’interazione forte ma reversibile tra la proteina del campione e un ligando specifico. Questa interazione di legame immobilizza il ligando su una resina, insieme al composto bersaglio.

Il legame e la purificazione di questa tecnica sono altamente selettivi e sfruttano la struttura o la funzione biologica della proteina bersaglio. La cromatografia di affinità, è un metodo versatile e preciso che permette di purificare sia molecole native che quelle generate in modo ricombinante

Alcuni esempi di applicazioni includono le interazioni anticorpo/antigene, enzima/substrato ed enzima/inibitore. Per il successo della procedura, è fondamentale una scelta corretta dei ligandi per cromatografia di affinità. Oggi sono disponibili sul mercato nuovi ligandi di affinità che rendono le strutture meno costose e più stabili dal punto di vista chimico.

La cromatografia di affinità offre una maggiore selettività e spesso produce risultati più rapidi con un’interazione così specializzata. Per questo, rappresenta il primo livello più comunemente utilizzato (e talvolta l’unico) in un processo di purificazione.

Cromatografia a scambio ionico (IEX)

La cromatografia a scambio ionico funziona separando le molecole in base alla loro carica superficiale complessiva. Si tratta di un'interazione reversibile, che può essere eseguita abbinando una resina per cromatografia con carica opposta a quella del composto target del campione.

Le resine a scambio ionico vengono create attraverso il legame covalente tra gruppi funzionali con carica positiva o negativa e una matrice solida. Tra i mezzi utilizzati più comunemente figurano cellulosa, agarosio, polimetacrilato, polistirene e poliacrilammide.

Un campione proteico viene caricato in una colonna IEX a bassa forza ionica e poi lavato con tamponi a forza ionica crescente per rimuovere il particolato e le impurità indesiderate. La proteina target viene quindi eluita utilizzando gradienti salini definiti o una variazione del pH. Quando si esegue l’eluizione in base alla salinità, è possibile che sia necessario un ulteriore trattamento di preparazione prima di caricare la colonna, mentre l’eluizione in base al pH può funzionare senza questa fase aggiuntiva. Infatti, l’esposizione alla variazione di pH fa sì che la proteina target non abbia più una carica netta e così(sfruttando il punto isoelettrico della proteina target) la libera dalla resina.

Questa tecnica cromatografica è ideale per il targeting di anticorpi monoclonali ma anche come seconda fase di purificazione dopo la cromatografia di affinità. Inoltre, la resina IEX a grani grandi è un ottimo punto di partenza per la prima purificazione in colonna.

Cromatografia a interazione idrofobica (HIC)

Questa tecnica separa e purifica le proteine e altre biomolecole in base alla loro idrofobicità superficiale. Questa metodologia è utile per separare e purificare le proteine mantenendo la loro attività biologica. L’HIC utilizza tamponi, matrici e parametri meno denaturanti rispetto ad altri metodi e risulta più adatta per esperimenti che richiedono che i campioni rimangano intatti e vengano monitorati per altre caratteristiche biologiche.

Le concentrazioni di sale, il pH e la temperatura possono influenzare le interazioni di legame con i mezzi e anche la chimica del ligando immobilizzato sulla resina.

L’HIC è comunemente usata in combinazione con l’eluizione IEX ad alto contenuto di sale, a monte, e con le procedure di purificazione ad esclusione dimensionale, a valle.

Cromatografia a esclusione dimensionale (SEC)

Questa metodologia leggermente diversa utilizza un mezzo gel per separare le proteine in base alle loro dimensioni. In questa tecnica le molecole non si legano alla resina per cromatografia, ma passano attraverso filtrazione su gel.

Il gel SEC comprende sfere contenenti pori di dimensioni specifiche per includere o escludere le molecole all’interno del terreno. La separazione avviene quando il campione passa attraverso la colonna e viene eluito per peso molecolare decrescente.

Le due procedure più comuni di SEC sono lo scambio di frazione e lo scambio di dissalazione/tampone. Queste tecniche vengono utilizzate quando metodi come l’IEX o l’HIC non sono in grado di separare le proteine al necessario livello di purificazione. La SEC può essere spesso utilizzata come livello finale della purificazione delle proteine.

Cromatografia multimodale (MM)

La cromatografia a modalità mista è comunemente utilizzata come livello di lucidatura nella purificazione delle biomolecole. La MM utilizza resine funzionalizzate con ligandi capaci di interazioni multiple e risulta un metodo utile per purificare molecole target senza una specificità nota.

Questa tecnica può essere usata per vagliare, purificare e identificare su una proteina bersaglio punti potenzialmente in grado di fornire informazioni utili su affinità e selettività.

L’unica limitazione di questo metodo è che l’interazione con il target non può essere prevista dalla semplice analisi della sequenza aminoacidica, poiché le proprietà di legame e di eluizione sono molteplici. Ciò richiede ulteriori operazioni iniziali di sperimentazione sulle condizioni di legame e di eluizione.

Il vantaggio principale della cromatografia MM è quello di combinare metodi cromatografici complementari utilizzando un unico mezzo, consentendo così di non eseguire i passaggi di purificazione e di ridurre al minimo l’uso del prezioso materiale del campione. In alcuni casi, questo metodo può anche fornire risultati più rapidi, soprattutto nel caso di impurità simili per composizione alla molecola target.

Conclusioni

Le resine per cromatografia sono uno strumento essenziale per la ricerca e lo sviluppo, in quanto forniscono agli scienziati risultati rapidi e affidabili sfruttando le interazioni tipiche con il campione. Trovare un terreno di resina adatto è fondamentale per il successo dell’analisi e della purificazione.

La scelta della giusta resina per cromatografia non deve rappresentare un grosso problema, anche se le variabili da considerare per il vaglio delle opzioni sono numerose. Partendo da una buona individuazione del campione e degli obiettivi che si desidera raggiungere, si hanno poi a disposizione infinite personalizzazioni per perfezionare i protocolli di laboratorio.

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